Tariffario

L’onorario professionale
In materia di onorario vige il principio generale secondo cui ¬´in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione.
E’ stabilito inoltre che il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice, sentito il parere dell’Ordine cui il professionista appartiene (art. 2233 cc).
Nel caso dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, la determinazione degli onorari è effettuata, sulla base di apposita tariffa e con l’osservanza di una dettagliata disciplina che, a differenza di quanto avviene per la generalità delle professioni, è stabilita direttamente dalla legge, anziche in via amministrativa con il provvedimento che approva la tariffa.

Lo normativa giuridica

La c.d. Legge tariffaria, n. 244 del 21 febbraio 1963, stabilisce anzitutto che la tariffa minima nazionale di cui prevede appunto la determinazione con decreto del Presidente della Repubblica, a cura del Ministro della sanità, sentito il parere della FNOMCeO, con possibilità di revisione ogni cinque anni – debba fissare l’onorario in relazione all’importanza e delicatezza della prestazione. L’onorario stabilito rappresenta il minimo compatibile con il decoro e la dignità professionale.
E’ sancito il divieto di esercitare la professione sanitaria a onorari inferiori a quelli indicati nella tariffa minima. L’onorario richiesto, peraltro, deve essere contenuto in misura equa, tenuti presenti i valori minimi tariffari. Sono vietati i compesi forfettari. Al professionista è lasciata la facoltà di effettuare prestazioni a titolo gratuito (art. 2).
La tariffa minima nazionale è unica, valevole sia per i medici generici sia per gli specialisti.
Gli onorari minimi delle prestazioni degli specialisti, dei professori universitari, liberi docenti, primari ospedalieri (e, ora, medici dirigenti di secondo livello), nel campo della relativa specialità o d’insegnamento o incarico ospedaliero, sono aumentati del 50% sull’ammontare dei compensi stabiliti nella tariffa. Tuttavia, l’aumento non si applica quando il tipo di intervento, per sua natura, presupponga la specializzazione e sia corrispondentemente compensato come prestazione specialistica (art. 3). Per gli interventi effettuati con carattere di urgenza dalle ore 22 alle ore 7, gli onorari minimi sono raddoppiati per le visite e aumentati della metà per le altre prestazioni (art. 4).
I compensi dovuti all’aiuto e all’assistente non sono compresi negli onorari minimi stabiliti per gli atti operativi e sono determinati nella misura rispettivamente del 20% e del 10% della tariffa stabilita per gli atti medesimi. Al medico curante che, a richiesta del paziente o dell’operatore, assista all’intervento spetta un compenso minimo, a carico del cliente, pari al 10% della tariffa afferente alla prestazione principale. Gli onorari minimi dovuti all’anestesista sono invece stabiliti in modo autonomo con una distinta e apposita tariffa (art. 5).
Le prestazioni terapeutiche eseguite nel corso delle visite sono retribuite a parte secondo la tariffa.
Per le prestazioni multiple, eseguite nella stessa seduta, la tariffa si applica per intero per la prestazione più importante, anche se non preveduta e resasi necessaria nel corso di un’operazione chirurgica; si applica con la riduzione del 50%, per le rimanenti (art. 6).
Agli Ordini provinciali era attribuita la potestà di aumentare (o diminuire), entro il limite massimo del 30%, la tariffa nazionale in rapporto alla particolare situazione locale, sottoponendo la relativa delibera del Consiglio Direttiva all’approvazione del Medico provinciale (art. 7). Con la soppressione di tale Organo periferico del Ministero della sanità, a seguito della riforma sanitaria del 1978, la norma, di fatto, non ha più avuto applicazione ed è tuttora incerta la sua operatività.
Va notato che, invece, è tuttora vigente, ancorche scarsamente applicata, la disposizione della legge tariffaria secondo la quale per i certificati che non debbano essere rilasciati gratuitamente, il richiedente è tenuto a versare, oltre l’onorario stabilito per la visita o la prestazione medico-chirurgica, l’importo di lire 500 per l’applicazione sul certificato, a cura del medico, di una marca di previdenza di uguale valore. Dette marche, stampate a cura dell’ENPAM, sono distribuite dagli Ordini provinciali dei Medici e degli Odontoiatri. Il ricavato della loro vendita è assegnato per tre quinti all’ENPAM, per un quinto al sanitario che ha applicato la marca e per un quinto all’Ordine di appartenenza del medesimo.
Le norme contenute nella Legge n. 244/1963 non si applicano alle prestazioni e alle certificazioni eseguite dai medici impiegati dello Stato e degli altri J;:nti pubblici nell’esercizio delle loro funzioni. Non si applicano parimenti alle prestazioni e alle certificazioni eseguite per conto dello Stato da medici liberi professionisti (art. 12).
La tariffa nazionale degli onorari per le prestazioni medico-chirurgiche – adottata una prima volta nel lontano 1965 e rimasta troppo a lungo immutata, tanto da perdere del tutto la sua funzione di strumento regolatore del minimo compatibile con il decoro e la dignità professionale – è attualmente stabilita dal DPR 17 febbraio 1992, pubblicato nella GU n. 128, SO, del 2 giugno 1992, che a sua volta si rivela ormai obsoleta, rispetto sia ai valori monetari correnti, sia, soprattutto, al progresso scientifico e tecnologico.
Il provvedimento si compone di due tabelle: la tabella A, recante la tariffa minima delle prestazioni medico-chirurgiche, comprese quelle odontoiatriche; e la tabella B, recante il ¬´tariffario nazionale delle prestazioni professionali degli igienisti. Questa seconda tabella contempla quattro diversi tipi di compenso (a vacazione, a tabella, a percentuale, a discrezione), con l’obiettivo di coprire le peculiari e diversificate esigenze dell’attività medica nell’area dell’igiene pubblica e dell’igiene ambientale.

In versione PDF è riportato il tariffario completo approvato con DPR 17 febbraio 1992, pubblicato nella GU n. 128, SO, del 2 giugno 1992.
Si precisa che sebbene la normativa preveda a tutt’oggi importi espressi in lire, per venire incontro agli iscritti, l’Ente ha provveduto alla converzione degli stessi in euro. La conversione effettuata con una semplice operazione matematica non ha alcun valore ufficiale.

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Ultimo aggiornamento

15 Gennaio 2013, 18:30

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